La 90

90Erano i primi anni ’90 e percorrevo quotidianamente la strada fra casa di mia nonna – la mia prima casa, qui a Milano – e l’università. Durante il tragitto, prendevo sempre la 90. Tutti la chiamavano così, la 90. E mi chiedevo sempre perché “la 90” fosse femmina, mentre “il 41” maschio. Beh, in quello splendido esemplare di filobus femmina, ogni giorno, alla stessa ora, si ripeteva un piccolo miracolo della natura umana: il ringiovanimento. Quella trasformazione delle persone che solo l’amore può attuare. Io assistevo, estasiato, a quel miracolo ed… è strano… Dev’essere un po’ come una polverina, che vola e ti si appiccica addosso, perché un po’ di quella magia contagiava anche me, che ero poco più che ventenne. Qualche fermata dopo la mia, saliva sempre una donna. Aveva a occhio e croce una cinquantina d’anni, ma ti dava subito quella sensazione di stranezza, di incongruenza. Soprattutto ad un ventenne come me, che ha uno stereotipo della cinquantenne più simile a una mamma che a una ragazza. Lei, invece, aveva i capelli lunghi, sciolti, dorati e leggermente mossi. Vestiti molto allegri e leggeri, ma non appariscenti. Aveva una luce in viso che ti entrava dentro e un profumo di primavera. Se ne restava, in piedi in fondo al filobus, con uno sguardo trasognato. Sembrava sorridesse con qualsiasi espressione. Non riuscivo a smettere di osservarla, ne provavo un sottile piacere, anche se non capivo perché. Cinque fermate dopo, entrava un uomo, anche lui sulla cinquantina, elegante, sempre perfettamente rasato, e la baciava. Continuavano a baciarsi teneramente, sfiorandosi le mani, per tutto il tragitto. E portavano una ventata di freschezza in quel filobus pieno di studenti inespressivi, con il capo chino sugli appunti. Quando scendevano, tre fermate, prima della mia, un po’ di quella magia aleggiava ancora nell’aria e quella donna… mi mancava. Ogni giorno si ripeteva la stessa scena. Cambiavano i colori del cielo e dei vestiti, ma la magia era la stessa. Avevo imparato a percepire le variazioni più sottili nella luce e nel profumo. Finché un giorno non ne seppi più nulla. Ma a distanza di oltre vent’anni ricordo nitidamente volti e sensazioni. E, oggi, mi chiedo se l’aver amato sempre donne più grandi di me, sia del tutto casuale o indotto dal ricordo di quelle sensazioni… di quell’amore riflesso.

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