E’ il primo giorno di lavoro dal mio nuovo cliente. Zona Città Studi. Ora ho la macchina ma non amo usarla. Decido di prendere i mezzi pubblici, come ai tempi dell’università.Sono almeno vent’anni che non metto piede sulla 90. Com’è cambiata da allora! Ha perso quelle rotondità che davano un senso al suo essere femmina… la 90.. ed è diventata più maschia, spigolosa, tecnologica, con grandi scritte luminose e l’aria condizionata. Un vero e proprio cambio generazionale. Ma quelle sue lunghe antennne che accarezzano i fili elettrici, ora dolcemente, ora con scintille di passione, sono il suo DNA. Riconosci il fascino della madre.
Anche l’umanità che contiene è cambiata. Gli studenti ci sono sempre ma è composta soprattutto di extracomunitari. E’ il taxi dei poveri.
Ripercorro lo stesso tragitto di una volta, un percorso circolare che, invece, non è mai cambiato. E davanti a quella fermata il tempo si fonde. Vedo salire la donna con cui ho silenziosamente condiviso tante corse… del filobus e del cuore. E’ lì, con la sua bellissima chioma fluente e il viso che illumina l’interno.La vedo solo io, naturalmente. E’ il frutto della mia fantasia. Mi chiedo come sarebbe oggi, se poi ha vissuto con quell’uomo oppure no.
Sono perso in questa visione quando la voce dell’autista ci avvisa che il mezzo è guasto. Dobbiamo scendere tutti e proseguire con quello che arriverà fra pochi minuti. La massa si sfoltisce. Un po’ di gente preferisce andare a piedi o fare percorsi alternativi. Quando arriva la 90 successiva, io rinuncio a salire. Troppo affollata. E anche la mia mente lo è… Ho bisogno di spazio. Mentre aspetto l’altra, il mio sguardo indugia sull’autista. Seduta sul predellino attende l’assistenza tecnica dell’ATM. E’ giovanissima, avrà poco più di 20 anni ed è di una bellezza da togliere il fiato! Una biondina minuta dagli occhi verdi, capelli corti e ribelli, come immagino sia il suo carattere. Ma soprattutto, quella luce… la stessa luce della donna che pochi minuti prima avevo così realisticamente sognato.
– Cos’ha da guardare con tanta insistenza?
Diamine! Non mi ero accorto di fissarla così!
– Mi scusi… E’ che mi ricorda una persona che avevo incontrato tanti anni fa, proprio su questo filobus, la 90. E’ una lunga storia…
Ora è lei a fissarmi, con un sorriso enigmatico.
– Mi incuriosisce le sua storia… Se non ha fretta, le va di raccontarla?
– Sì, a patto che ci diamo del tu. Mi fai sentire vecchio.
– Ti ascolto…
– …Giuseppe
– Io sono Margherita – dice, stingendomi la mano.
Le racconto la mia storia, con tutta l’intensità di quegli anni. Un’intensità alimentata dalla luce che vedevo nel suo sguardo. Mi interrompo solo quando vedo i suoi occhi velati di lacrime.
– Margherita, ho detto qualcosa che non va?
– No, scusami… E’ che forse ero presente anch’io in quegli incontri.
– … – la guardo interdetto…
– Nel grembo di mia madre. Si chiamava Flora e ha perso la vita nel darmi alla luce. Mio padre mi ha cresciuta da solo. E’ un padre perfetto, ma la mamma mi è mancata tanto. Mi manca anche adesso. Sai, si sono conosciuti proprio qui loro due, sulla 90. Papà mi parlava sempre di lei. Ed è per questo che io ho voluto fare questo mestiere. Volevo guidare questo filobus, toccarlo, sentirlo fisicamente, tutti i giorni. E’ un modo per stare in contatto con lei. In un certo senso, la 90 è la mamma che non ho mai avuto.
Sono i miei occhi a velarsi di lacrime adesso. Restiamo così, l’uno accanto all’altra, in silenzio e immersi nei ricordi. Finché arriva la squadra dei tecnici.
– Bene, Giuseppe. E’ stato un piacere. Grazie per avermela ricordata.
– Grazie a te per avermela fatta rivivere.
Mi sfiora le labbra con un bacio…
– Questo è da parte sua. A presto.